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giovedì 19 marzo 2015

Che cos'è l'Iyengar Yoga?

Lo yoga è uno dei sei Darshana, ovvero uno dei sei sistemi filosofici ortodossi indiani. Ogni darshana rappresenta un punto di vista metafisico della filosofia indiana, scaturito dalla sapienza vedica (i Veda sono un'antichissima raccolta in sanscrito di testi sacri dei popoli arii che invasero l'India intorno al XX secolo a.C.).

In realtà un Darshana non è un sistema filosofico nel senso che questo termine ha in Occidente, ma è pur sempre un sistema di affermazioni coerenti coestensibile all'esperienza umana la quale esso si sforza di interpretare nel suo insieme col fine di "liberare l'uomo dall'ignoranza".

I Darshana si differenziano tra loro non per il fatto di assumere un oggetto diverso di speculazione, ma perché "osservavano" la medesima realtà da diversi punti di vista, cioè da diverse angolature. Darshana, infatti, significa proprio vista, visione, comprensione, punto di vista, dottrina. 




Patanjali
Lo yoga è dunque uno di questi darshana e lo "Yoga Sutra" di Patanjali, l'opera più antica che tratti di yoga, è il trattato che ne sintetizza la dottrina. 
Da un punto di vista dottrinale, lo Yoga fa proprie le tematiche del Sàmkhya, un altro darshana della tradizione indù, che vede all'origine dell'Universo due polarità fondamentali e distinte: prakriti e purusha, la materia e lo spirito. Prakriti possiede tre qualità (guna): sattva, rajas, tamas, rappresentanti la tendenza ascendente e all'elevazione (sattva); la tendenza all'espansione o alla dispersione in senso orizzontale (rajas); la tendenza discendente o all'inerzia (tamas).

Quando le forze dei tre guna, tra loro antagoniste, sono in equilibrio, prakrti non produce alcuna modificazione e l'intera manifestazione riposa allo stato potenziale di germe. Quando tale equilibrio si rompe, prakriti emana l'intero Universo. Per la dottrina del Samkhya l'universo è infatti fondato su una coppia di contrari che si riflette in ogni suo aspetto: notte e giorno, caldo e freddo, uomo e donna, ecc.





Come abbiamo detto, lo Yoga fa proprie le tematiche del Samkhya, introducendo però, da una prospettiva più elevata, la divinità (Ishvara) da cui Purusha e Prakriti emanano. Benché i testi sull'argomento diffusi in Occidente siano concordi nell'affermare che yoga vuol dire "unione" (dalla radice yuj: unire, legare), non sempre però viene poi spiegato in modo chiaro il significato che tale unione comporta. Dopo quanto detto, è evidente che non è dell'unione del corpo con la mente che si tratta, ma dell'unione di prakriti e purusha nella prospettiva unitaria della divinità da cui tutto emana e che in sé concilia ogni contrasto. 



Nella sua opera, Patanjali, definisce lo yoga come yogah cittavrttinirodhah (Yoga Sutra, I, 2) che può essere tradotto come: "Lo yoga è l'arresto del turbine della coscienza" o come "Lo yoga è la cessazione delle fluttuazioni della mente", e identifica otto anga, membra o arti dello yoga, attraverso i quali si può raggiungere il fine ultimo, e cioè “l’unione suprema”.

Essi sono: 

  - Yama, i comandamenti morali universali; 
  - Niyama, l’autopurificazione con la disciplina; 
  - Asana, le posizioni; 
  - Pranayama, il controllo ritmico del respiro; 
  - Pratyahara, il controllo e l’emancipazione della mente dal dominio dei sensi e degli
    oggetti esteriori;

  - Dharana, la concentrazione; 
  - Dhyana, la meditazione; 

  - Samadhi, il raggiungimento della super-coscienza e unione con lo spirito universale. 



Quello sistemato da Patanjali rappresenta il cosiddetto “Yoga classico”. Ma a fianco di tale tipo di yoga, esistono innumerevoli forme “popolari”, asistematiche di yoga; esistono yoga non brahmanici (quello dei buddisti e quello degli jnaina) e soprattutto esistono yoga di struttura “magica”, altri di struttura “mistica”, ecc. 




In un quadro apparentemente così complesso, l'Iyengar yoga si inserisce nella tradizione dell'Hatha yoga e, più precisamente, nella tradizione di Patanjali e dello Yoga Sutra. Viene considerato, quindi, yoga classico.

B.K.S. Iyengar

Il suo “fondatore” B.K.S. Iyengar, allievo del guru Sri Tirumalai Krishnamacharya. ha fatto un grosso lavoro su se stesso, sulle posizioni e sull'effetto delle posizioni lavorando a livello degli organi, a livello dei sensi di percezione e a livello della mente. 
Ha creato, dunque, una sua corrente di asana e di pranayama conosciuta per l'attenzione che consacra all'allineamento del corpo e per il suo ampio uso dei sostegni. Iyengar ha sistematizzato, infatti, molte posizioni (asana) dello yoga classico e diverse tecniche di pranayama che vanno da un livello base ad avanzato. Questo aiuta a garantire ai praticanti di progredire gradualmente passando da posture semplici a quelle più complesse e di sviluppare mente, corpo e spirito step-by-step. 

Il fatto più importante è che questo lavoro, sugli asana e sul pranayama, conferisce una rigida stabilità al corpo e nel medesimo tempo riduce lo sforzo fisico al minimo; si regolano i processi fisiologici, e si permette in questo modo all'attenzione di occuparsi esclusivamente della parte fluida della coscienza. 

L'Iyengar yoga si differenzia dagli altri stili di hatha yoga per diversi elementi chiave e in particolare per la tecnica, le sequenze in cui le asana e gli esercizi di respirazione si praticano e i tempi. 

B.K.S. Iyengar
Riguardo alla tecnica, questo metodo è caratterizzato da una grande attenzione ai dettagli e alla messa a fuoco precisa sull'allineamento del corpo. Un principio fondamentale, infatti, è proprio l’allineamento in ogni asana, che comporta un lavoro simmetrico in tutto il corpo e crea spazio nelle articolazioni e negli organi, migliorandone la funzionalità. L'attenzione sugli allineamenti non mira semplicemente all'esecuzione corretta della posizione, ma è finalizzata allo sviluppo della consapevolezza del proprio corpo da utilizzare in tutti gli aspetti della nostra vita. 


Attrezzi e sostegni tipici dell'Iyengar yoga

Per permettere a tutti di ottenere i benefici degli asana e del pranayama, Iyengar ha introdotto, inoltre, l’uso di supporti quali coperte, cinture, mattoni, sedie, cuscini, sacchi di sabbia, ecc., che migliorano l’efficacia delle posizioni e riducono lo sforzo. Tali sostegni consentono agli studenti non solo di svolgere correttamente gli asana ma anche di diminuire il rischio di lesioni, rendendo così le posture accessibili a tutti anche a persone con gravi problemi. Iyengar, infatti, ha anche il merito di aver sviluppato l’applicazione terapeutica delle posizioni, modificando gli asana in modo che gli allievi colpiti da qualche forma di invalidità possano trarne il massimo beneficio psico-fisico. 


Altro punto fondamentale riguarda la sequenza e il modo in cui vengono combinati gli asana e gli esercizi di respirazione durante la pratica dell'Iyengar Yoga. Una corretta sequenza all'interno di una sessione di pratica gioca un ruolo importante nel raggiungimento del massimo beneficio dalla sessione. Le diverse categorie di asana, infatti, esercitano effetti diversi non solo sul corpo, ma anche sulla mente e sulle emozioni. Nessuna sequenza, quindi, sarà opportuna per ogni persona, per ogni mentalità, per ogni livello di energia, per ogni livello di esperienza, per ogni giorno. La tradizione Iyengar non dispone di sequenze standard che sono praticate da tutti; le sequenze in tale disciplina sono influenzate da molti fattori e dalle caratteristiche dei praticanti: l'età, l'esperienza, lo stato mentale e fisico in un determinato giorno, il tempo a disposizione, ecc. 
Esempio di sequenza di asanas

Altro elemento chiave dell'Iyengar Yoga è il tempo impiegato per costruire e tenere un asana o effettuare un esercizio di pranayama. Per lo sviluppo e il corretto allineamento di ogni asana è necessario un tempo che spesso in altre scuole di hatha yoga non viene dato semplicemente perché la pratica è più veloce o in movimento. Da principio l'asana è faticoso e addirittura insopportabile. Ma dopo un certo periodo di allenamento, lo sforzo nel mantenere il corpo nella medesima posizione diventa minimo. Lo sforzo deve scomparire e la posizione meditativa deve divenire naturale; solamente allora essa facilita la concentrazione. “La posizione diventa perfetta solo quando lo sforzo per realizzarla scompare, in modo che non ci sia più alcun movimento nel corpo. Del pari, si raggiunge la sua perfezione, quando lo spirito si trasforma in infinito, cioè quando esso fa dell'idea di infinito il proprio contenuto” (Vyasa, ad Yoga-Sutra, II, 47).


Le dimostrazioni visive, le istruzioni verbali e le correzioni attive da parte dell'insegnante dei disallineamenti e degli errori durante la pratica, sono altri elementi che contraddistinguono l'Iyengar Yoga e che contribuiscono a rendere tale disciplina molto sicura e precisa. 


Tutti gli elementi che abbiamo citato, in conclusione, fanno sì che nel praticante di Iyenagr Yoga si instauri o si rafforzi la relazione di tutte le parti del corpo con l'asana, dell'asana con il respiro, del respiro con la concentrazione, della concentrazione con la meditazione e della meditazione con la “unione suprema”.


“La meditazione deve cominciare con il corpo. Esso è il veicolo del Sé, che, se non è controllato nei suoi desideri, ostacola la vera meditazione.” (B.K.S. Iyengar).

B.K.S. Iyengar