martedì 31 ottobre 2017

NUOVO TURNO MATTUTINO: LEZIONE ANCHE IL GIOVEDÌ ALLE 13

Yoga Aversa è lieta di comunicare che a partire dal 09 Novembre, sarà aggiunto un nuovo orario per il corso di yoga, presso il nostro centro. 
Per venire incontro alle esigenze di alcuni iscritti, abbiamo deciso di inserire una nuova lezione per tutti i Giovedìdalle ore 13.00 alle ore 14.10

Di seguito gli orari aggiornati:



LUNEDI
dalle 18.10 alle 19.40 (I turno)
dalle 20.10 alle 21.40 (II turno)

MARTEDI
dalle 13.00 alle 14.10 (turno mattutino)
dalle 18.10 alle 19.40 (I turno)
dalle 20.10 alle 21.40 (II turno)

MERCOLEDI
dalle 18.10 alle 19.40 (I turno)
dalle 20.10 alle 21.40 (II turno)

GIOVEDI
dalle 13.00 alle 14.10 (turno mattutino)
dalle 18.10 alle 19.40 (I turno)
dalle 20.10 alle 21.40 (II turno)


Contattateci per prenotare la vostra lezione gratuita di prova e per qualsiasi altro tipo di informazione. 

#YogaAversa #Namaste 

giovedì 12 ottobre 2017

SI RIPARTE CON RESPIRA LA NATURA

Chi già conosce le attività "parallele" di YOGA AVERSA, sa che spesso organizziamo escursioni naturalistiche per scoprire posti e luoghi della Campania e delle regioni limitrofe: la voglia di scoprire il territorio che ci circonda e di godercelo è davvero tanta!
Domenica 15 Ottobre, il gruppo #RespiraLaNatura in collaborazione con Yoga Aversa, percorrerà il sentiero che porta al Santuario del Monte Camino (960m di altitudine), partendo proprio dal borgo di Camino, Comune di Rocca d'Evandro (CE). 
Il percorso è di circa 3 km, con 40 metri di dislivello, difficoltà media, durata 1 ora e 30 circa. 
Partiremo alle 8.30 dal parcheggio del Pub Drengot di Aversa, chi non avesse la possibilità di venire in macchina, potrà aggregarsi a qualcuno di noi. 

Le escursioni sono gratuite, il pranzo è a sacco e in genere, ognuno di noi, porta qualcosa da poter condividere con tutti gli altri. 
E' sempre consigliato di indossare abbigliamento da trekking o comunque comodo, di vestirsi a strati e di munirsi di acqua. 

Per qualsiasi informazione non esitate a contattarci!!!
VI ASPETTIAMO!!!

Di seguito un pò di informazioni relative al luogo che esploreremo:

Il Monte Camino (960 m slm) è situato tra i Monti Aurunci e l’appenninico Monte Cesima. Limitata ad est da scoscese rupi che precipitano verso i colli dell’antico vulcano di Roccamonfina, l’Area scende più dolce fin quasi alle rive del Garigliano verso ovest, con forre, colli e pianori boscosi. La sua posizione nella geografia dell’alto casertano ne fa un punto di estrema scenograficità e panoramicità a seconda se osservata dalle strade di fondovalle o dominandola dall’alto delle sue cime. L’Area è ricca di valori naturalistici peculiari, sia floristici che faunistici (è zona di nidificazione e caccia per rari falconiformi). Benché scarna di boschi, molti dei quali falcidiati dagli incendi (specie sul versante meridionale), di grande interesse sono alcuni biotopi di Carpinella (Carpinus orientalis) sulle falde cacuminali del Monte Camino, forse unici del suo genere per l’ubicazione. 
Floristicamente è da ritenere interessante la presenza dell’endemismo Viola calcarata (Viola pseudogracilis subsp.cassinensis). Il Monte Camino è però soprattutto noto per un omonimo piccolo santuario eretto sulla sua vetta (S. Maria di Monte Camino, risalente all’anno 1000) e per l’importanza strategica che ebbe durante l’ultimo conflitto mondiale nelle famose Battaglie del Monte Lungo e di Cassino (una postazione tedesca di cannoneggiamento era ubicata poco distante dal santuario: essa venne conquistata da un battaglione inglese tra il 3 ed il 6 dicembre 1943). 
Sulla vetta del monte oltre alla chiesetta sono anche presenti antichi resti di una Rocca, probabilmente con fini strategici per la sua posizione dominante tra le valli del Volturno e del Garigliano.


L’Area Wilderness del Monte Camino fu designata sulla scia di quella vicina del Monte Cesima e ne era quasi la gemella; due montagne aspre e selvagge che, dirimpetto l’una all’altra, creano la porta nord della Regione Campania. Una curiosità è il fatto che proprio in questa zona oggi protetta visse, per ben sette anni, fino alla sua uccisione, il famoso “Orso di Rocca d’Evandro”, come lo battezzò la stampa nei primi anni ‘70; un animale trafugato cucciolo dal Parco Nazionale d’Abruzzo e qui illecitamente liberato. (fonte: http://www.wilderness.it/aree_wilderness_scheda.asp?r=15&p=20&a=7&s=154)


Ecco un pò di link utili: 
https://hikingcampania.com/2016/11/24/monte-camino-rocca-devandro/
https://sites.google.com/site/casertaitinerari/santuario-di-monte-camino

sabato 7 ottobre 2017

GRAVI-DANZA: TUTTI I MERCOLEDÌ PRESSO YOGA AVERSA


Cosa vi aspettate da un corso preparto? Cosa chiedereste all'ostetrica? Cosa vorreste capire? Cosa vi piacerebbe conoscere e sapere? Di sicuro vorreste essere consapevoli di voi stesse, della vostra potente Natura, della vostra Forza e di quella del vostro Bambino.

Un corso preparto, o meglio, un corso di Accompagnamento alla Nascita e alla Genitorialità, non deve insegnare ma deve poter potenziare le Donne, i Papà e dare loro le competenze per far scoprire e riscoprire il loro Potere e il loro Valore.

La Gravidanza è una meravigliosa Fase della vita di una Donna, dove la sua Luce e il suo Potere Creativo raggiungono i massimi livelli. 

La gravidanza non è malattia ma trasformazione e creazione!

Insieme all'Ostetrica Mena, scopriremo questo meraviglioso mondo, analizzeremo il mondo della gravidanza e della nascita, entreremo in contatto con il nostro bambino attraverso l'ascolto, il massaggio e le visualizzazioni.

Gli incontri si terranno ogni mercoledì presso l'associazione "Yoga Aversa", via Pietro Rosano, 55 - Aversa (CE), dalle 16,00 alle 18,00.

Ci riserveremo un'ora per il movimento, insieme all'Ostetrica con metodo Pilates e con la Danza Orientale, danza della fertilità che aiuta il corretto posizionamento del bambino nel canale e tonifica e prepara i tessuti materni e il perineo al momento del parto.

Sono ben accetti anche i futuri papà!!! :)

Per info e prenotazioni:
Ostetrica Mena 
tel. 3384330100

lunedì 25 settembre 2017

YOGA THEORY: INTRODUZIONE AGLI YOGA SUTRA DI PATANJALI

Organizzati in quattro capitoli, libri o quarti (pāda), gli Yoga Sūtra di Patañjali sono una raccolta di 196 sūtra o aforismi interconnessi che forniscono passo-passo le istruzioni per smettere di identificarsi con le variazioni o modifiche (onde del pensiero, vortici) della mente e per raggiungere infine la completa indipendenza e l'isolamento dalla materia-mente e la liberazione come pura coscienza. 

Nel corso di questa disciplina spirituale si incontrano diverse afflizioni che disturbano l'equilibrio della mente. Questi impedimenti sono le cause principali di confusione e sofferenza nella vita. Patañjali ha identificato otto pratiche che aiutano a superare gli ostacoli, aumentare discernimento discriminativo, e andare avanti nel proprio sviluppo psico-spirituale. Questi sono gli otto punti (aṣṭāṅga) della prassi yoga. 

Impegnandosi in queste pratiche diligentemente e intensamente, lo yogin può acquisire progressivamente maggiore controllo di corpo, sensi, emozioni e pensieri, riconosce e discrimina questi limiti e limitando così i disturbi (il visto) dal proprio vero Sé (il Veggente), diventa capace della diretta conoscenza dei sensi sottili, infine realizza pienamente il Sé raggiungendo la liberazione (kaivalya). 
Nello specifico, nel primo capitolo (samādhi pāda), costituito da 51 sūtra, Patañjali descrive che cos’è lo yoga. Si occupa in modo generale di forme particolari di attenzione e di coscienza che sono gli obiettivi dello yoga. Samādhi significa, infatti, ‘enstasi’, ‘meditazione profonda’ e in questo pāda, Patañjali sembra rivolgersi agli aspiranti esperti, dotati già di salute fisica perfetta, stabilità mentale, intelligenza discriminante e vocazione spirituale, fornendo loro una guida nelle discipline della pratica e del distacco al fine di raggiungere la vetta nel loro cammino spirituale.

Nei primi 4 sūtra, infatti, definisce subito lo stato di yoga e cosa ne consegue quando si manifesta: “lo yoga è la soppressione dei movimenti della coscienza (I.2.), allora il veggente dimora nello splendore suo proprio (I.3), in altri momenti il veggente si identifica con le fluttuazioni della coscienza (I.4.)”. Dopo aver descritto i movimenti della coscienza e le cause che li provocano (dal verso I.5 al I.11), l’autore indica direttamente quali sono i mezzi per calmare tali fluttuazioni, ovvero la pratica (abhyāsa) e il distacco (vairāgya). 

La pratica come costanza, lavoro quotidiano ininterrotto e attento, come ardua volontà; il distacco come scomparsa graduale dei desideri, come percezione dell’anima. Dunque pratica e distacco come due elementi chiave per generare Samādhi (da I.12 a I.16). L’autore inoltre, non individua semplicemente la meta finale, ma descrive anche i vari tipi di Samādhi e li espone come se fossero gradini di una scala. Distingue, anche, livelli di sādhaka (praticante) facendoci comprendere, così, che si tratta di un percorso lungo, lento, graduale, e che la disciplina dello yoga richiede un intenso lavoro e piena dedizione (dal I. 17 al I.22). 

Oltre alla pratica e al distacco, individua poi un altro mezzo per arrestare le fluttuazioni della mente, ovvero “la meditazione profonda su Dio e la totale sottomissione a Lui”. I versi che vanno dal I.23 al I.29 sono gli unici, nel testo, in cui si parla di Dio (Īśvara). Non si tratta né di un Dio creatore né di un Dio giudice, ma di un Dio che può essere di aiuto allo yogin (I.23). Dal punto di vista dottrinale, Dio è definito come il sommo Sé, un particolare spirito (puruṣa) quindi, consapevolezza suprema (I.24-25), maestro di ogni maestro (I.26). Īśvara è quindi un archetipo dello yogin, un collaboratore supremo ideale, un modello al quale, volendo, abbandonarsi. 
Nell’ultima parte del capitolo, l’autore elenca nove ostacoli al controllo del sé interiore e subito dopo espone le fasi della purificazione di citta (la coscienza) attraverso le quali non solo si superano gli ostacoli, ma gradualmente si arriva a un samadhi senza seme, in cui l’anima si manifesta e arde senza forma, con chiarezza primordiale. Il secondo libro (sādhana pāda) è costituito da 55 sūtra e verte sulle pratiche più importanti di questa disciplina spirituale. Sādhana, infatti, significa appunto ‘pratica’, e in questo capitolo Patañjali indica come iniziare la pratica e come lavorare per l’emancipazione spirituale. 

Nel primo verso indica subito quali sono le azioni (Kriyā Yoga) che il praticante deve seguire: desiderio ardente nella pratica (tapas), lo studio di se stessi (svādhyāya) e delle sacre scritture (Īśvara praṇidhāna). Solo grazie a questo triplice lavoro, il sādhaka, può raggiungere il samādhi superando le afflizioni (kleśa) che ostacolano il suo cammino. 

Tali afflizioni vengono individuate e analizzate nei versi successivi (dal II.3 al II.9); esse sono: ignoranza (avidyā), egoismo (asmitā), attaccamento (rāga), l'avversione (dveṣa), e attaccamento alla vita (abhiniveśa). L’autore precisa che devono essere eliminate attraverso un processo di involuzione e con profonda meditazione (II.10 e II.11); se non vengono bruciate, si ripresenteranno sul cammino del praticante seguendo le leggi e i meccanismi del karma esposti dal verso II.12 al verso II.17. Questi stati dolorosi sono la causa degli atti (karma) compiuti in questa e nelle precedenti vite (II.12), e ciò che adesso facciamo influenzerà anche la posizione sociale, la durata e le esperienze della prossima vita (II.13). 

Tra tutte le afflizioni, Patañjali si sofferma soprattutto sull’ignoranza, vedendola come causa di tutte le altre, e dedica diversi sūtra per spiegarne il motivo (da II.18 a II.28): Avidyā è l’associazione o l’identificazione del veggente con il veduto e dunque l’incapacità di distinguere ciò che è percepito da ciò che percepisce. La natura, sotto forma di tre qualità, è ciò che viene percepito e ha un unico scopo: quello di chiarire la distinzione tra l’esteriore che è visto e l’interiore che vede. Soltanto la distruzione dell’ignoranza attraverso tale giusta comprensione spezza il legame con l’oggetto visto. Questo è kaivalya, l’emancipazione. 

L’autore passa adesso ad esporre il sentiero ottuplice dello yoga (Aṣṭāṅga yoga), individuando otto tipi di pratiche: regole morali (yama), osservanze fisse (niyama), posizioni (āsana), controllo del respiro (prāṇāyāma), ritiro dei sensi verso la loro origine (pratyāhāra), concentrazione (dhāraṇā), meditazione (dhyāna) e assorbimento della coscienza nel sé (samādhi). I freni e le discipline (yama e niyama) riguardano l'aspetto etico della vita dello yogin: si tratta di astensioni e osservanze non specifici di questa filosofia, ma Patañjali li ritiene fondamentali per il percorso yogico: essi tendono a creare uno stato "purificato" indispensabile. 


Le posizioni, il controllo della respirazione e la ritrazione dei sensi (āsana, prāṇāyāma e pratyāhāra) costituiscono invece la tecnica yoga propriamente detta; con essi, l’autore, conclude il secondo quarto. 

Nel terzo capitolo (vibhuti pāda), invece, espone quali sono le proprietà e gli effetti dello yoga e inizia introducendo proprio gli ultimi tre āṅga dell’ottuplice sentiero dello yoga. Molto probabilmente, considera queste tre pratiche una conseguenza degli step precedenti e vede la conquista spirituale come un frutto da poter assaporare soltanto dopo aver coltivato la ricerca esteriore e quella interiore. 
Il retto comportamento unito alla pratica (le prime cinque fasi dell’ottuplice sentiero) permettono, infatti, di sperimentare le seguenti tre: concentrazione, meditazione e congiunzione (dhāraṇā, dhyāna e samādhi). Patañjali accomuna queste ultime tre fasi adoperando il termine saṃyama (III.4) che considera fondamentale per la realizzazione e a cui dedica diversi sūtra per descriverne le caratteristiche (fino al 3.15).

Dhāraṇā è la concentrazione su un oggetto scelto come ausilio (III.1), concentrazione nel senso di fissare l'attenzione su tale oggetto. Continuando il dhāraṇā, quando il pensiero è diventato fluido e completamente centrato sull'oggetto, si ottiene il dhyāna (III.2). In letteratura il termine sanscrito dhyāna è a volte tradotto con "meditazione", ma si tratta evidentemente di ben altro dalla "meditazione profana", essendo il dhyāna uno stato particolare dell'attenzione preceduto da un preciso complesso di tecniche e sostenuto da un retto comportamento. 
Quando, nel dhyāna, l'oggetto si rivela in sé stesso, non distorto da chi vi sta meditando, allora si ha il samādhi (III.3). Vijñāna Bhikṣu commenta questo passaggio affermando che il samādhi è quando ci si libera della meditazione, dell'oggetto meditato e del soggetto meditante. Egli aggiunge che mentre il dhyāna è suscettibile di essere interrotto, il samādhi è al contrario uno stato "invulnerabile", chiuso agli stimoli. A partire dal sūtra III.16 vengono, invece, esposti i "poteri miracolosi" (vibhūti; o anche siddhi, che letteralmente vuol dire "perfezioni”) come risultato della pratica del saṃyama: concentrandosi su uno o più oggetti e quindi meditando su di essi e realizzando la congiunzione, lo yogin acquista poteri "occulti". 

Alcune siddhi sono: conoscenza del passato e del futuro (III.16); conoscenza delle vite precedenti (III.18); conoscenza degli stati psicomentali altrui (III.19); invisibilità (III.21); conoscenza del sistema solare (III.27); scomparsa della fame e della sete (III.31); levitazione (III.40), eccetera. 
Secondo l’autore, tali poteri giungono in maniera spontanea allo yogi che ha integrato il corpo, la mente e lo spirito, ma anche tale conoscenza può diventare fonte di distrazione, impedendo di raggiungere lo stato supremo dell’essere. Nei versi III.38 e III.51, infatti, l’autore mette in guardia il praticante dalla corruzione di questi poteri che non vanno assolutamente confusi con la meta finale, ma piuttosto evitati per poter seguire il sādhana fino al kaivalya, culmine dell’esistenza indivisibile. 

Patanjali inizia il quarto e ultimo capitolo (kaivalya pāda) concludendo il precedente e affermando che è possibile che qualcuno possegga questi poteri mistici anche per nascita (cioè da una eredità di pratiche yogiche svolte in qualche vita precedente), mediante droghe (ma il loro effetto è estremamente circoscritto nella qualità e nel tempo), grazie alla concentrazione sulla recitazione di mantra, e anche attraverso le austerità e il samadhi. 
Poi introduce l'argomento della liberazione, spiegando che il passaggio da un corpo all'altro accade per l'azione della natura materiale. E' lei infatti che concede i risultati delle azioni, le quali non sono le cause dirette, ma solo e sempre secondarie. Chi desidera avanzare nella vita spirituale, deve eliminare gli ostacoli che si frappongono fra lui e il suo fine, proprio come un contadino che rimuove gli ostacoli per facilitare il cammino dell'acqua in direzione dei terreni coltivati. 

Nel settimo sūtra di questa sezione, Patañjali così scrive: “Le azioni di uno yogi non sono né bianche né nere. Le azioni degli altri sono di tre tipi: bianche, nere e grigie.” Questa distinzione in tre parti del karma (azioni) ha una sua corrispondenza con le tre guṇa, le tre componenti, o qualità, della prakṛti (materia): secondo il Sāṃkhya le trasformazioni che la materia subisce nel tempo (pariṇāma, evoluzione) sono dovute all'avvicendarsi di queste tre componenti fondamentali: tamas, rajas, sattva. 
Ai primordi del tempo, le tre guṇa giacciono in perfetto equilibrio fra loro: è lo stato della materia immanifesta, il tempo non esiste. Quando questo equilibrio si altera, la materia diventa manifesta, il tempo ha inizio. Gli aspetti della materia, esseri viventi inclusi, non sono se non l'effetto della colorazione che viene dalle guṇa. Anche le nostre azioni (karma) sono perciò colorate dalle guṇa: nere (tamas), grigie (rajas) e bianche (sattva). Così non è per lo yogin che ha raggiunto la perfezione: egli è al di là delle guṇa, il che equivale a dire che il karma, la legge di causa ed effetto, non lo vincola più, è libero. Nel commentare questo sūtra, Iyengar afferma che è qui che viene evidenziato il vero significato del Kaivalya Pāda. 
Il tema del libero agire ha una sua importanza centrale in un mondo che è dominato dalla legge del karma. 

Nei successivi sūtra Patañjali spiega che gli effetti, o frutti, delle azioni passano da una vita alla successiva avendo come substrato la memoria (smṛti) (IV.9) e presentandosi come desideri (IV.10): passato e futuro sono perciò reali come lo è il presente, gli stati del tempo corrispondono a differenti combinazioni delle guṇa (IV.12-13), il cui gioco ha come effetto di produrre l'illusione del tempo. 
Dal sūtra IV.16 il filosofo si pone il problema del rapporto fra citta e puruṣa, fra il prodotto più evoluto della materia (materiale mentale, mente o coscienza che dir si voglia) e lo spirito cioè, in relazione al problema della conoscenza. Il citta non può conoscere sé stessa (IV.19), e: “La coscienza (citta) non può comprendere il veggente e se stessa allo stesso tempo” (IV.20). 


Il citta è unitario (IV.21), ma mosso da molte impressioni (vāsana); la sua funzione ultima è, e resta, quella di agire per il puruṣa (IV.24). Quando si sarà compreso pienamente questo rapporto, cioè la distinzione (viśeṣa) che sussiste fra i due (IV.25), allora si potrà affermare di essere nel kaivalya (IV.26).

Nel primo pāda Patañjali ha spiegato cosa è il samādhi, nel secondo ha illustrato i mezzi pratici per conseguirlo; quali i suoi frutti nel terzo. Negli ultimi sūtra di quest'ultimo pāda, dopo aver discusso su cosa debba intendersi per kaivalya, egli torna su quell'argomento: quando si raggiunge il samādhi, le tre guṇa terminano il loro compito (IV.32), il tempo si ferma (IV.33) e: “La risoluzione in senso inverso delle qualità (guṇa), priva così di ogni spunto di azione per lo spirito (puruṣa), è il kaivalya, ossia il ristabilirsi della conoscenza nella natura che gli è propria.” (IV.33, IV.34). 
Come aveva già espresso in II.18, II.21 e poi ribadito in IV.24, la natura (prakṛti) esiste non per soddisfare sé stessa ma per consentire l'emancipazione (apavarga), per consentire cioè da un lato, alla propria parte più elevata (il citta) di riconoscere sì d'essere altro dallo spirito (puruṣa), ma al contempo affine a questo; dall'altro, al puruṣa di non essere più ingannato dall'evoluzione della prakṛti, d'essere al di là del legame causa-effetto, cioè, e quindi di ritrovare la sua autentica natura, che è pura conoscenza (dṛśimātraḥ śuddhaḥ) (II.20).   

giovedì 14 settembre 2017

ARMONIA DEL CORPO ATTRAVERSO L'EQUILIBRIO DELLO SPIRITO: PARTE IL CORSO DI TAI CHI CHUAN E QI GONG

A.S.D. YOGA AVERSA & ASSOCIAZIONE ARTEMISIA



presentano



"CORSO DI TAI CHI CHUAN E QI GONG" 

L'Armonia del Corpo attraverso l'Equilibrio dello Spirito 



DOVE:

Presso la sede in Via Pietro Rosano, 55 81031 Aversa (CE) 



QUANDO:

Martedì 3 ottobre dalle ore 18.30 alle ore 20.00
Lezione di prova martedì 26 settembre ore 19.00


NB. Il corso inizierà con un minimo di 5 iscritti 



LE DISCIPLINE:
Il Tai Chi Chuan è una ginnastica dolce, con movimenti lenti e sinuosi, da sembrare quasi una danza, ma che rivelano una cultura secolare e che, attraverso la stimolazione dei canali energetici, assicura benessere e equilibrio. Il Qi Gong è un’antica pratica di controllo del corpo, respiro e mente. Esercizio di accrescimento e trasformazione dell’energia unificando mente, corpo e respiro per ottenere uno stato di benessere psicofisico. Durante la lezione verranno inoltre fornite nozioni di Medicina Tradizionale Cinese, un sistema complesso e articolato di diverse discipline di cui esse fanno parte.

CONSIGLI PER UNA PRATICA CORRETTA:
Si consiglia un abbigliamento comodo (tuta e scarpe da tennis o calzini antiascivolo o piedi nudi)

L'INSEGNANTE:
Floriana Figliomeni, naturopata e insegnante di arti marziali riconosciuta AICS-CONI ha iniziato a praticare più di 20 anni fa partendo dalle discipline da combattimento per poi indirizzarsi verso il Tai Chi Chuan e Qi Gong. Insegna da vent'anni e dieci anni fa ha fondato l'Associazione Artemisia dove tiene regolarmente corsi, seminari ed incontri.



Il corso si svolgerà presso Yoga Aversa A.s.d. 

Via Pietro Rosano 55 Angolo Strada San Biagio
81031 Aversa (CE)





Per info e prenotazioni:




Yoga Aversa

Tel. 320 8864028
Mail: yoga.aversa@libero.it




Di seguito un po' di interessanti notizie sul TAI CHI CHUAN e sul QI GONG

LA DANZA DI LUNGA VITA – IL TAI CHI CHUAN

“Come la verità è nel silenzio,
la forza è nella quiete;
non c'è lotta senza pace interiore”
Dal Film “La Tigre ed il Dragone” di Ang Lee

La Medicina Tradizionale Cinese ha sviluppato un sistema diagnostico e terapeutico formato da diverse discipline, tra cui le ginnastiche energetiche di cui il Tai Chi Chuan è la più famosa. Questa disciplina può essere considerata una sorta di viaggio interiore nel nostro sentire. Tramite i suoi movimenti aggraziati, simili ad una danza, consente lo sviluppo armonico di ogni sfera dell'Uomo per il suo perfetto sviluppo e funzionamento. Il corpo è una manifestazione dello spirito e attraverso la pratica del Tai Chi Chuan si impara a concentrare tutto l'essere nel momento presente. 


La realizzazione di se stessi è alla base della nostra felicità ed è la manifestazione massima della nostra creatività. Paure, ansie, preoccupazioni sono gli ostacoli da superare per riprendere il cammino che ci condurrà a noi stessi. Mantenere fede al nostro sentire più intimo e seguire la strada che il cuore ci indica aiuta l'apertura all'Amore e al Cambiamento. Iniziamo finalmente a conoscere ed osservare la paura e quindi iad uscire dal nostro guscio protettivo, dove possiamo tenere tutto sotto controllo, per iniziare a rischiare attraverso l'esplorazione di un terreno poco conosciuto: stiamo così iniziando a prendere il comando della nostra vita.

Per innescare il cambiamento è importante modificare il nostro pensiero. Per destrutturare la mente e creare uno schema diverso e più funzionale alle nostre esigenze dobbiamo imparare a controllare quella parte della mente che pensa in maniera incessante. Dobbiamo abbandonare abitudini, schemi prefissati, emozioni a bassa energia, paure, convenzioni per ascoltare il cuore e vivere attraverso le indicazioni che esso ci invia.
Il linguaggio che il cuore utilizza è composto da sensazioni, intuizioni, desideri, ideali, sogni, gusti. Attraverso le percezioni fisiche che il cuore utilizza per comunicare con la nostra mente potremo incontrare i nostri veri desideri ed iniziare a comprendere che l'altro non è causa della nostra felicità o infelicità.

Per giungere a questa consapevolezza è richiesta una notevole dose di coraggio per abbandonare le paure che, deprimendo la nostra psiche, generano disarmonia e bloccano l'azione che porta al cambiamento. Ma la consapevolezza richiede una mente tranquilla. La mente, se usata male, tende a formulare in continuazione pensieri senza senso. Questo continuo logorio mentale, a lungo andare, provoca dispersione di energia e difficoltà di concentrazione, impedendo l'ascolto di ciò che proviene dall'interno, dalla nostra VOCE INTERIORE che, se ascoltata, ci indica come interagire con l'esterno. Per percepire ed ascoltare questa voce interiore è necessario un contatto profondo con noi stessi, entrando nel silenzio che, dentro, accogliamo. In questo silenzio interiore possiamo metterci in ascolto del nostro sentire che poi potrà essere decodificato dalla mente per poter essere interpretato, focalizzato e reso manifesto nell'azione, che è un atto di unione tra mente e cuore. Imparare a conoscere le nostre paure più intime e a guardarle per affrontarle aiuterà il coraggio a manifestarsi in tutto il suo splendore e, grazie al potere della mente, potremo cambiare gli schemi che ci bloccano pre creare la realtà in funzione del nostro sentire più profondo.

Il Tai Chi Chuan è uno strumento di crescita interiore che, grazie alla sua caratteristica di unione tra Mente e Corpo, è in grado di guidare il praticante nel suo cammino verso la conoscenza per imparare ad affrontare le paure più intime e a trovare il coraggio per guardare negli occhi il più tremendo dei nemici: noi stessi.
Ma la strada che porta alla conoscenza non è semplice ed il praticante dovrà essere disposto ad affrontare le difficoltà che si presenteranno in un cammino fatto di sudore e fatica per arrivare ad una pace duratura e ad un forza interiore per ritrovare l'armonia in ogni istante della vita e ad essere in grado, come l'acqua, di adattarsi al meglio in ogni situazione, senza mai perdere la propria vera essenza ed unicità.

TAI CHI CHUAN
Le origini del Tai Chi Chuan sono molto remote e oscure e le gesta degli antichi Maestri sono spesso avvolte nella leggenda, difficilmente separabile dalle informazioni storiche. La leggenda racconta che il Tai Chi Chuan fu un’invenzione dell’eremita Zhang Sanfeng (Zhang dei tre picchi) vissuto nel 1100 d.C. sul monte Wudang. Si narra che egli diede i natali al Tai Chi Chuan osservando il combattimento tra una gazza ed un serpente, dove quest’ultimo vinse perché combatteva con movimenti curvilinei e flessibili.

In realtà il Tai Chi Chuan proviene da vari metodi molto antichi e quindi non esiste un vero ideatore. Infatti, è importante ricordare che nei monasteri buddisti già nel IV secolo d.C. i monaci praticavano arti marziali per mantenersi in salute e per difendersi dai briganti. E’ tradizione considerare del Tai Chi Chuan le diverse forme o stili, che prendono il nome dalle famiglie cinesi che l’hanno tramandato. Lo stile Yang è il più diffuso, seguito dallo stile Wu, Chen e Sun, anche se le varie correnti si sono spesso incrociate e sovrapposte. L’insegnamento era tramandato da padre in figlio con poche eccezioni. La famiglia Chen (che ha dato i natali alla prima scuola) ha organizzato le tecniche del Tai Chi Chuan, ma alla famiglia Yang va il merito della diffusione. Infatti, si dice che Yang Luchan (allievo della famiglia Chen) divenne tanto bravo da avere il permesso di insegnare anche fuori della famiglia Chen. Fu chiamato come insegnante dalla famiglia imperiale, anche se modificò la tecnica perché i membri della famiglia imperiale non potevano sopportare l’allenamento tradizionale troppo duro.

Il Tai Chi Chuan, chiamato anche Danza del guerriero, era praticato dai Monaci Taoisti per sviluppare le loro abilità fisiche e controllare in modo totale mente, corpo ed energia. La lentezza del movimento permetteva loro di allenare con precisione e meticolosità ogni singolo muscolo ed ogni singolo pensiero. 
I movimenti sono lenti, armoniosi, aggraziati, rendono questa disciplina accessibile ad ogni età. Attraverso la pratica si lavora sulla concentrazione, quiete mentale, rilassamento muscolare. Migliora l’ossigenazione dei tessuti attraverso la respirazione, la circolazione sanguigna e il sistema cardiocircolatorio.

QI GONG
Antica disciplina di controllo del corpo, respiro e mente. Secondo la tradizione cinese mente e corpo sono uniti quindi i loro Qi non sono separabili ma sono trasformabili l’uno nell’altro. Da questo punto centrale derivano le tecniche di Qi Gong. Esso è un esercizio di accrescimento e trasformazione dell’energia unificando mente, corpo e respiro per ottenere uno stato di benessere psicofisico, utile per mantenersi in salute, curarsi, e per la crescita della persona umana. Nella sua lunghissima storia si sono sviluppati moltissimi stili in base agli interessi dei fondatori.

EFFETTI BENEFICI SU CORPO E MENTE

Un’ampia documentazione ha dimostrato con dati oggettivi l’efficacia dell’azione del Tai Chi Chuan non soltanto sul mantenimento dell’equilibrio psico fisico, ma anche su malattie quali l’ipertensione, le cardiopatie ed altre malattie croniche.

La pratica degli stili interni prevede il movimento di tutti i muscoli e di tutte le articolazioni, e richiede che la respirazione e il movimento del diaframma siano conformi al ritmo dell’esercizio e che l’esecutore si mantenga rilassato nel cuore e concentrato nella mente. Questi accorgimenti permettono che si produca un effetto sedativo e riequilibrante sul Sistema Nervoso Centrale che a sua volta è stimolato ad attivare e migliorare le funzioni di altri sistemi e apparati.

Sistema Nervoso
Qualsiasi esercizio fisico che migliori la complessa funzione del Sistema Nervoso Centrale è salutare per l’intero organismo. Nell’esecuzione dei movimenti il praticante deve essere rilassato, concentrato e capace di dirigere la sua completa attenzione su qualsiasi parte del proprio corpo, inoltre il movimento degli occhi, delle braccia, del busto e delle gambe devono essere armoniosi, privi di dissonanze, interruzioni improvvise. Uno spirito sereno nel corso dell’esercizio riveste maggiore importanza per i pazienti affetti da malattie croniche, riattiva i meccanismi fisiologici, e, soprattutto, contribuisce ad eliminare gli stati d’animo negativi spesso abbinati a queste malattie.

Apparato cardiovascolare e respiratorio
Gli effetti sull’apparato cardiovascolare sono strettamente legati alla sua azione sul Sistema Nervoso. I movimenti attivano i muscoli e le articolazioni e danno origine ad una respirazione ritmica che coinvolge soprattutto il diaframma, stimola la circolazione del sangue e della linfa, riduce la stasi sanguigna.

Apparato osteoarticolare
La pratica è ottimale per il mantenimento di una normale morfologia della colonna vertebrale, rafforza muscoli, ossa e articolazioni. I movimenti armoniosamente legati l’uno all’altro mobilitano ogni articolazione, tutto ciò suggerisce che la pratica costante dell’esercizio permette di prevenire o ridurre il processo d’invecchiamento in misura sensibile.

Tutti i fenomeni sono formati da opposti: la contraddizione è presente in tutte le cose, senza gli opposti le cose che esistono sulla terra sarebbero indistinguibili, la vita sarebbe informe, confusa. In Oriente si dice che un estremo genera il suo opposto.
Ogni essere umano è unità di corpo, mente e spirito: non c’è separazione tra queste caratteristiche. Il corpo non potrebbe esistere senza la mente e l’anima e allo stesso modo né la mente e l’anima avrebbero senso senza corpo. E quindi nessun problema può essere risolto senza prendere in considerazione ciascuna di queste realtà.

L’intero può essere visto in ciascuna delle sue parti costitutive: in ogni singola parte del corpo possiamo ritrovare il funzionamento del corpo nella sua globalità.
L’energia scorre in tutto il corpo attraverso canali perfettamente organizzati, detti meridiani: questi meridiani formano dei veri e propri fiumi di energia che circola dalla testa ai piedi, creando una rete di collegamento fra ogni cellula e organo e tutte le parti del corpo.

Nella diagnosi orientale il corpo viene visto come un’orchestra in cui la musica è l’anima. Se si elimina uno strumento qualsiasi o si cambia il modo di suonarlo, la musica nel suo insieme ne risulterà modificata” (cit. Maestro Valerio Giordano). Per cui nel corpo ogni organo viene considerato in rapporto a tutti gli altri. La salute di un singolo organo dipende dal corretto e sano funzionamento di tutti gli altri. Secondo la concezione orientale il corpo è un circuito continuamente percorso da un flusso energetico, che è forza vitale.

Nella diagnosi orientale e in quella occidentale parole uguali possono rimandare a significati diversi. Nella tradizione occidentale, quando si parla di “fegato” e “disturbi epatici” ci si riferisce esclusivamente ai disturbi fisici di quell’organo.

In oriente, invece, questi termini sono riferiti sia all’organo, sia al meridiano energetico ad esso collegato. I disturbi che colpiscono quell’organo o meridiano, inoltre possono essere sia di natura fisica che psichica. Parlare del corpo separandolo dall’energia vitale, o spirito, può facilmente indurre a sbagliare poiché il corpo umano non è altro che la manifestazione dello spirito. Secondo la diagnosi orientale la salute fisica è strettamente legata a quella mentale e alla psicologia dell’individuo ed ogni emozione è collegata ad un organo specifico. La diagnosi orientale prevede, piuttosto che la chirurgia, di intervenire sul problema che ha determinato i disturbi, affrontando la causa che li ha determinai. In Oriente si cerca di lavorare con l’energia autoguaritrice del paziente, non è il medico, ma il paziente che guarisce se stesso.

Attraverso lo studio del Tai Chi Chuan il praticante impara a diventare medico di se stesso, impara a conoscere i propri pregi, limiti, punti deboli e soprattutto impara a prendersi la responsabilità della propria salute e della propria vita. Nessun può farlo per altri. Il soggetto impara che la salute è un bene prezioso, ed è lui in prima persona che deve imparare a rispettarlo, a rispettare se stesso attraverso la pratica costante di piccoli gesti quotidiani. Il cambiamento avviene lentamente, giorno per giorno, ben radicato nel cuore e nella mente. Il nostro corpo conosce già ciò di cui ha bisogno: dobbiamo solo imparare ad ascoltarlo con il cuore ed imparare a mettere in ogni gesto quotidiano l’amore, ciò che più di ogni altra cosa ci nutre. Questo diventa uno stile di vita che presuppone una pratica quotidiana, un percorso verso il “volersi bene”.


mercoledì 13 settembre 2017

RI-PARTE ANCHE GRAVI-DANZA!!!

Corso di Gravi-Danza
CI SIAMO! OGGI, MERCOLEDÌ' 13 SETTEMBRE ORE 16, RIPRENDONO LE DANZE!!

10 Buoni Motivi per cui dovresti fare #danzaorientale in #gravidanza :

1. È definita una ginnastica dolce;
2. Risolve i problemi di schiena dovuti alla gravidanza;
3. Migliora la postura;
4. Rafforza e tonifica il pavimento pelvico preparandolo al parto;
5. Aiuta a mantenersi in forma;
6. Favorisce il corretto posizionamento del bambino nel canale del parto;
7. Coadiuva nella prevenzione di problemi di incontinenza e prolasso vescicale;
8. Dona elasticità al perineo prevedendo le lacerazioni da parto;
9. Migliora la respirazione e l'ossigenazione del nostro corpo e del nostro bambino;
10. Culla il bambino nel nostro grembo e dona uno strumento per calmarlo non solo in pancia ma anche dopo tra le nostre braccia

A cura di Mena Verda (Ostetrica) 

Clicca Qui per informazioni e contatti, oppure chiama al 338 4330100

Ti aspettiamo!!!

lunedì 11 settembre 2017

SI PARTE ANCHE CON LA DANZA DEL VENTRE!!!

Yoga Aversa è lieta di presentarvi un'altra novità per quanto riguarda i corsi 2017-2018.
Dopo l'attesissimo corso di Pilates, a partire dal 6 ottobre 2017, ogni venerdi dalle ore 19.00 alle ore 20.30, presso l'a.s.d. "Yoga Aversa" (via Pietro Rosano, 55 - Aversa) si terrà il corso di Danza del Ventre.

Le lezioni saranno articolate in una parte pratica, che prevederà (in breve e non solo):
- Warm up e Stretching
- Potenziamento muscolare 

- Studio della postura e della respirazione
- Percezione delle varie parti del corpo e percezione corporea nello spazio
- Isolazioni e movimenti del busto e del bacino
- Posizioni e movimenti delle braccia e delle gambe
- Passi caratteristici (passo arabo, passo egiziano...etc...)
- Shimmies
- Combinazioni coreografiche
- Studio della danza del ventre con accessori e di vari stili


E in una parte teorica basata su informazioni riguardanti la storia, gli stili e la biografia e l'attività artistica delle danzatrici più importanti della danza Orientale.

Si consiglia abbigliamento comodo:
- Top/t-shirt (no large)
- Leggins o pantalone sportivo


La lezione si svolge a piedi nudi o con calzini ed è facoltativo l'utilizzo della tipica cintura con pendenti o di un foulard da annodare sui fianchi!


E' sempre prevista una prova gratuita e non impegnativa ed il corso (livello base/ base intermedio) è aperto a donne di ogni età e costituzione fisica.


Ti aspettiamo :) :) :) !!!

Info e prenotazioni:
Fb: Enza Iovinella
Cell: 3273663319



LA DANZA DEL VENTRE, LA DANZA ORIENTALE: LA PIU' ANTICA E SACRA DELLE DANZE



Arte dalle origini millenarie e misteriose ,la danza del ventre nasce nell'antica Mesopotamia, sotto forma di un insieme di danze praticate durante riti religiosi da sacerdotesse, dedite al culto della Dea Ishtar (simbolo della natura e di fertilità).
Attraverso queste danze si riproducevano fenomeni, movimenti ed elementi della natura, da cui prendono, appunto, nome tanti dei movimenti e dei passi della danza del ventre (Luna, onde o serpenti, passo della gazzella ...etc...)!
Nel corso del tempo si è evoluta in una disciplina articolata, basata sia sullo studio della tecnica che sulla spontaneità della ballerina, si è arricchita di nuovi stili, a seconda del luogo di appartenenza, senza perdere le sue caratteristiche originarie e si è diffusa in tutto il mondo, generando anche fusioni tra cui "Oriental tango", "Flamenco arabo", etc...
È consigliata dai medici a tutte le donne di ogni età e di qualsiasi costituzione fisica per i suoi innumerevoli benefici tra cui: 


- Tonificazione dei muscoli dell'addome, delle gambe, dei glutei e del pavimento pelvico.
- Sollievo dai dolori mestruali
- Miglioramento della postura ed eleganza nei movimenti
- Senso di serenità, allegria e rilascio di tensione.
- Accettazione del proprio corpo ed incremento dell'autostima. 


Inoltre frequentare un corso di danza del ventre favorisce la socializzazione e lo spirito di collaborazione e solidarietà tra donne.

UN PO' DI "PILATES"...

In occasione dell'attivazione del nuovo corso di pilates, che parte stasera nel nostro centro Yoga Aversa proprio per arricchire tutte le attività che presentiamo ogni anno ai nostri iscritti, pubblichiamo un po' di notizie inerenti a questa disciplina. 
Vi ricordiamo che le lezioni si terranno tutti i Lunedì e Giovedì dalle 19:00 alle 20:00, presso il nostro centro in Via Pietro Rosano, 55 angolo strada San Biagio 81031 Aversa (Caserta).
Istruttrice: TERESA D'ANIELLO.


Per prenotare la lezione di PROVA e per tutte le INFORMAZIONI non esitate a scriverci su Facebook o a telefonarci direttamente.


Vincenzo 3208864028
Teresa 3897844274


Ecco un po' di interessanti notizie:

Il pilates è una disciplina adatta a tutte le età che apporta numerosi vantaggi al corpo e alla mente. Grazie agli oltre 500 movimenti previsti dal metodo, si ottengono il rinforzamento della colonna vertebrale con il conseguente miglioramento della postura, la tonificazione e l’allungamento muscolare e al tempo stesso la concentrazione, il rilassamento e la riduzione dello stress, attraverso il respiro. 

Nasce intorno alla metà degli anni venti, grazie a Joseph Hubert Pilates (1880- 1967), con il nome di Contrology, con riferimento al modo in cui incoraggia l'uso della mente per controllare i muscoli.

Efficace per mantenere e ritrovare la forma fisica, è Indicato anche nel campo della rieducazione posturale, poiché si basa su esercizi che consentono di acquisire consapevolezza del respiro e di rinforzare i muscoli del piano profondo del tronco, molto importanti per prevenire mal di schiena. Nello specifico, con questo metodo di allenamento si rinforzano gli addominali e le fasce muscolari più profonde vicino alla colonna e intorno alle pelvi, ottenendo così la tonificazione della cosiddetta Power House, cioè tutti i muscoli connessi al tronco: l'addome, i glutei, gli adduttori e la zona lombare. 

Gli esercizi, svolti con la guida dell’insegnante, si eseguono sul tappetino (Pilates Mat Work), sono abbinati ad una corretta respirazione, sono fluidi e graduali, e non sono forzati da alcun desiderio performativo: a ciascuno, infatti, è richiesto di praticare secondo i propri tempi e in base personale condizione fisica, in modo da favorire un apprendimento graduale e adeguato. 

Ogni insegnante di Pilates può adattare le lezioni al proprio stile e alla propria personalità, rifacendosi a 6 principi cardini della disciplina: 

1. la Concentrazione (Concentration): la massima attenzione e la concentrazione risultano fondamentali in ogni esercizio. La mente deve essere il supervisore per ogni singola parte del corpo; la lentezza costituisce il fondamento dell’affermazione per cui il metodo pilates è un modo di mantenersi in forma con dolcezza. 
2. il Controllo (Control): il controllo su ogni parte del corpo permette di evitare movimenti sconsiderati e scorretti al fine di scongiurare i danni e i rischi che da essi possono derivare; 
3. il Baricentro (Centering o Powerhouse): è sinonimo di PowerHouse (casa della forza), inteso come centro di forza e di controllo di tutto il corpo; 
4. la Fluidità (Fluidity): il principio che rappresenta la sintesi di tutti i concetti precedenti; 
5. la Precisione (Precision): una seduta di Pilates mira alla qualità del movimento e non alla quantità, quindi l’attenzione è focalizzata sulla precisione dell’esecuzione. 
6. la Respirazione (Breathing): l’atto di inspirare all’avvio dell'esercizio e nell’espirare durante lo sforzo maggiore, è alla base dei movimenti, è sempre controllato e guidato dall''insegnante.

Un metodo dolce e valido, dunque, che “ smentisce il famoso e ormai trito detto: avete l’età che vi sentite. Prova che l’unico indicatore della vostra età non consiste negli anni o in come pensate di sentirvi, ma in come realmente siete, come infallibilmente indicato dal grado di naturale e normale flessibilità di cui gode la vostra colonna nel corso della vita. Se la colonna è inflessibilmente rigida a 30 anni, siete vecchi; se è completamente flessibile a 60 siete giovani.” Joseph Hubert Pilates (Return to life, 1945).